Nato per soddisfare le esigenze di progettazione e costruzione specifiche del settore edile, con il termine BIM, acronimo di Building Information Modeling, si intende un modello che include al suo interno processi e strumenti tra loro interconnessi, usati per pianificare, realizzare e gestire tutte le informazioni relative ad un progetto edile.
Tramite il BIM è possibile raccogliere i dati e i dettagli più importanti di una specifica costruzione, che possono essere uniti e collegati tra di loro digitalmente. Possiamo quindi definire il BIM come un sistema informativo digitale, realizzato usando le funzionalità di potenti strumenti software come il software ESApro di ESAin, che unisce processi e strumenti interconnessi e interdipendenti, che permettono di far dialogare tra di loro i diversi modelli di un progetto edilizio.
Utilizzando questo modello multidisciplinare è possibile creare una rappresentazione digitale (digital twin) di un progetto di costruzione, con tutte le informazioni indispensabili a gestire il suo intero ciclo di vita: dallo studio iniziale fino alla demolizione e allo smaltimento dei materiali.
I vantaggi della tecnologia BIM
Questa tecnologia soddisfa le necessità della fase iniziale di progettazione e di quella operativa, rendendosi indispensabile per i progetti che richiedono la collaborazione di più professionisti. Grazie infatti alla considerevole mole di dati raccolti, il modello riesce a organizzare al meglio e a coordinare le attività operative di tutti i soggetti coinvolti nel processo di costruzione di un edificio o di un impianto industriale.
Il BIM è diventato oggi uno standard ampiamente diffuso tra chi si occupa di progettazione e costruzione poiché non si limita a fornire un semplice modello 3D. Sempre più aziende, infatti, scelgono di utilizzare i software per il BIM per sfruttare le potenzialità offerte da questo approccio metodologico, come ad esempio: l’ottimizzazione dei flussi di lavoro, l’accesso ad una mole di informazioni dettagliate su ogni singolo componente, la riduzione degli errori, degli interventi volti a correggerli e dei tempi di progettazione totali.
Nato per il settore edile, come soluzione ottimale per la gestione delle problematiche connesse al facility management, il suo utilizzo si è diffuso anche in altri settori, come la progettazione degli impianti industriali, alla quale si è dovuto tuttavia adattare per avvicinarsi alle diverse modalità di approccio usate nella realizzazione di un impianto.
L’adozione di questa metodologia di lavoro, che si basa sull’impiego di un unico modello federato, contenente al suo interno altri modelli 3D, è il risultato finale di un processo iniziato nel lontano 1975 e giunto fino ai nostri giorni.
Vediamo insieme le tappe più importanti della storia del BIM, che hanno rivoluzionato il modo di concepire la progettazione e la costruzione.
La storia: da Building Product Model a Building Information Modeling
Una delle prime descrizioni di modello virtuale di un edificio fu proposta per la prima volta in una celebre pubblicazione del 1974, da parte del professor Charles M. Eastman, condotta per la Carnegie-Mellon University di Pittsburgh dal titolo “An outline of the building description system” successivamente ripresa e ampliata in un articolo apparso nel 1975 sulla prestigiosa rivista A.I.A. Journal, dal titolo “The use of computer instead of drawings in building design”. Al suo interno veniva illustrato un sistema descrittivo di un edificio ottenuto con l’unione di elementi grafici 3D, contenenti informazioni sulla geometria degli oggetti, sui materiali scelti, sui fornitori e su altri aspetti connessi alla costruzione.
Da allora si iniziò a delineare un nuovo modo di concepire la progettazione, che grazie all’avvento dei moderni software di modellazione 3D ha consentito ai progettisti e agli ingegneri di avere a disposizione dei modelli virtuali sempre più completi e dettagliati.
Dai primi software per il CAD 3D degli anni ‘80, impiegati principalmente nei settori aerospaziale e meccanico, si arriva ai primi modellatori architettonici degli anni ‘90, considerati tuttavia delle soluzioni pionieristiche rispetto alla più diffusa progettazione 2D.
È nel 1994 che si raggiunge una tappa fondamentale per la storia del BIM: in quest’anno, infatti, nasce l’IAI, acronimo di Industry Alliance for Interoperability, successivamente ribattezzata International Alliance for Interoperability, un consorzio industriale di 12 società statunitensi. Lo scopo del consorzio era quello di produrre delle specifiche tecniche che consentissero una maggiore interoperabilità tra i diversi software allora utilizzati nella progettazione civile: si voleva fornire un linguaggio comune che i software BIM avrebbero dovuto rispettare.
L’iniziativa, in seguito rinominata buildingSMART, negli anni 2000 rilascia le prime specifiche del formato IFC (Industry Foundation Classes), lo schema di dati aperto da utilizzare per lo scambio di dati CAD indipendentemente dal software scelto.
Negli anni successivi buildingSMART diventa un’organizzazione internazionale, che si occupa dell’adozione di standard aperti per la condivisione dei dati digitali necessari alla progettazione e alla costruzione di infrastrutture e di edifici. Si iniziano quindi a fornire alcune linee guida per la classificazione e la certificazione dei software (progetto Open BIM) per garantire che lo scambio di dati IFC sia coerente, di qualità e affidabile.
Negli ultimi anni, infine, è la direttiva europea 2004/18/CE ad introdurre l’obbligo per gli stati membri di adottare il Building Information Modelling nelle procedure per l’assegnazione degli appalti pubblici, con l’obiettivo di rendere più trasparenti le procedure e la spese necessarie per la realizzazione di un’opera edilizia prevista da una gara d’appalto.
Livelli di maturità e dimensioni del BIM
Si deve considerare il Building Information Modeling non come un punto di arrivo, ma come un percorso graduale di crescita, che permette di raggiungere un livello di collaborazione completo e maturo di tutti i soggetti coinvolti.
Sono infatti previsti diversi livelli di maturità del BIM:
- Livello 0 – CAD Standardizzato. Caratterizzato da un basso livello di collaborazione dei soggetti coinvolti, in cui le informazioni sono prodotte in CAD 2D e i singoli file del progetto vengono gestiti in modo separato.
- Livello 1 – BIM Solitario (lonely BIM). Un metodo parzialmente collaborativo, in cui lo sviluppo del progetto e la produzione delle informazioni danno vita ad un insieme di documenti 2D e 3D, salvati all’interno di un ambiente CDE, acronimo di Common Data Environment: un server locale per la raccolta e la condivisione dei dati.
- Livello 2 – BIM Collaborativo. Possiamo definirlo come il primo vero livello di BIM, in cui lo sviluppo del progetto è realizzato interamente utilizzando un formato comune (IFC), caratterizzato da modelli 3D condivisi e sommati per ottenere un unico modello finale. Al suo interno sono inoltre incluse informazioni relative alle tempistiche (4D) e alla quantificazione dei costi (5D).
- Livello 3 – BIM Condiviso (iBIM). Si tratta dell’integrazione massima attualmente prevista, in cui tutti i soggetti coinvolti hanno accesso al modello federato creato in ambiente cloud (e disponibile worldwide). Possono essere incluse informazioni sulla manutenzione dell’opera (6D) e sullo smaltimento dell’impianto (7D).
Vuoi scoprire i software per la gestione del BIM?
Contattaci
Ti consiglieremo la soluzione più adatta alle tue necessità.